Tutta la verità su Calisto Tanzi
Inviato: mer 8 set 2021, 21:59
Basta! Non ne posso più di analisi superficiali su Calisto Tanzi.
Da questo topic deve uscire l'ultima parola sul suo conto. Chi è stato veramente? Nessuno può cancellare dalla sua parabola esistenziale l'epilogo criminale e vergognoso, scandito da innumerevoli frodi a danno di consumatori, mercato e società nel suo complesso.
Concentrarsi solo su questo aspetto, però, è rischioso. Tanzi non è stato solo un bancarottiere.
Tanzi è stato in grado di trasformare, giovanissimo, una salumeria ereditata dal padre in una multinazionale. Lo ha fatto in poco più di dieci anni, senza ricorrere a finanziamenti di incerta natura come quelli ricevuti dal suo coetaneo Berlusconi. Proprio come il cavaliere, e prima di lui, ha puntato seriamente sul marketing e sul design industriale, creando un'identità aziendale e un brand riconoscibili ovunque. Ha introdotto il Tetra Pak in Italia, intravedendone le straordinarie potenzialità. Ha capito che sul latte UHT, anch'esso sconosciuto da noi, si poteva fondare un impero. È stato Mateschitz prima di Mateschitz: le sue sponsorizzazioni sportive rimangono nella storia, esattamente come quelle del patron di Red Bull. Pensate a Piquet che vince il mondiale con la Brabham marchiata Parmalat o allo sci. Pensate al gioiellino vero: il Parma, società catapultata dalla B alla gloria europea in pochissimi anni con un'abilità che va oltre gli ingenti investimenti. Un genio, o comunque, se proprio si volesse evitare iperboli, un imprenditore estremamente capace. Ricordatevi sempre della salumeria di partenza! E ricordatevi di Santal, di Pomì, di Mr. Day. Un colosso alimentare multinazionale tirato su dal nulla, con tutta la ricaduta del caso in termini occupazionali ed economici per il territorio di riferimento.
Quando il genio si è trasformato in follia? Le due componenti erano presenti sin dall'inizio nella mente del collecchiese più famoso dei nostri tempi? Non ci sono dubbi sul fatto che, fino ai primi anni '80, la Parmalat andasse a gonfie vele. Poi i problemi. Troppa fiducia nella politica, quella peggiore (vedi De Mita et similia), investimenti sbagliati (Euro TV/Odeon, veri e propri pozzi senza fondo), il tasso di profitto sul latte - si legge in giro, ma mi sembra poco realistico - che, complice l'emersione di nuovi competitor, si sarebbe abbassato a tal punto da far entrare il gruppo in forte perdita fin dal crepuscolo del decennio. Da lì la crisi senza fine, mascherata con falsificazioni e imbrogli anche infantili, da lì la capitolazione totale di fronte al sistema Italia, nel frattempo scosso da tangentopoli, e a banche che chiudevano un occhio o entrambi di fronte al buco nero in cambio di favori che quel buco nero contribuivano a ingrandirlo.
Come è stato possibile? Come mai un uomo così intelligente e scaltro, a partire da un certo momento, ha compiuto solo scelte sbagliate e non si è accorto che il suo operato l'avrebbe condotto alla fine? Anche ammettendo che ci fossero forti difficoltà già a fine anni '80, perché in quel momento non si è corsi ai ripari con un'efficace opera di risanamento?
Che la Parmalat, industrialmente parlando, fosse stata costruita bene (e che, molto probabilmente, le voci su un calo di redditività del latte siano infondate) lo dimostra il fatto che, liberata dai pesi morti e ristrutturata seriamente, a due soli anni dal crac è tornata in borsa, divenendo subito appetibile per Lactalis, la quale tra l'altro la acquistò, ironia della sorte, proprio per aggredire il tesoretto da 1 miliardo che Enrico Bondi era riuscito a creare. Oggi Parmalat fattura 6,7 miliardi di euro. Sì, avete capito bene: 6,7 miliardi di euro. È in piena salute, ma non è più italiana. È ritornata ad essere quella che è stata fino ai primi anni '80. È un peccato che un'industria così oggi faccia capo a un gruppo transalpino.
E Tanzi, le cui responsabilità gravissime mai potranno essere negate, si è lasciato sfuggire il meccanismo perfetto che aveva creato. Non glielo perdonerò mai.

Da questo topic deve uscire l'ultima parola sul suo conto. Chi è stato veramente? Nessuno può cancellare dalla sua parabola esistenziale l'epilogo criminale e vergognoso, scandito da innumerevoli frodi a danno di consumatori, mercato e società nel suo complesso.
Concentrarsi solo su questo aspetto, però, è rischioso. Tanzi non è stato solo un bancarottiere.
Tanzi è stato in grado di trasformare, giovanissimo, una salumeria ereditata dal padre in una multinazionale. Lo ha fatto in poco più di dieci anni, senza ricorrere a finanziamenti di incerta natura come quelli ricevuti dal suo coetaneo Berlusconi. Proprio come il cavaliere, e prima di lui, ha puntato seriamente sul marketing e sul design industriale, creando un'identità aziendale e un brand riconoscibili ovunque. Ha introdotto il Tetra Pak in Italia, intravedendone le straordinarie potenzialità. Ha capito che sul latte UHT, anch'esso sconosciuto da noi, si poteva fondare un impero. È stato Mateschitz prima di Mateschitz: le sue sponsorizzazioni sportive rimangono nella storia, esattamente come quelle del patron di Red Bull. Pensate a Piquet che vince il mondiale con la Brabham marchiata Parmalat o allo sci. Pensate al gioiellino vero: il Parma, società catapultata dalla B alla gloria europea in pochissimi anni con un'abilità che va oltre gli ingenti investimenti. Un genio, o comunque, se proprio si volesse evitare iperboli, un imprenditore estremamente capace. Ricordatevi sempre della salumeria di partenza! E ricordatevi di Santal, di Pomì, di Mr. Day. Un colosso alimentare multinazionale tirato su dal nulla, con tutta la ricaduta del caso in termini occupazionali ed economici per il territorio di riferimento.
Quando il genio si è trasformato in follia? Le due componenti erano presenti sin dall'inizio nella mente del collecchiese più famoso dei nostri tempi? Non ci sono dubbi sul fatto che, fino ai primi anni '80, la Parmalat andasse a gonfie vele. Poi i problemi. Troppa fiducia nella politica, quella peggiore (vedi De Mita et similia), investimenti sbagliati (Euro TV/Odeon, veri e propri pozzi senza fondo), il tasso di profitto sul latte - si legge in giro, ma mi sembra poco realistico - che, complice l'emersione di nuovi competitor, si sarebbe abbassato a tal punto da far entrare il gruppo in forte perdita fin dal crepuscolo del decennio. Da lì la crisi senza fine, mascherata con falsificazioni e imbrogli anche infantili, da lì la capitolazione totale di fronte al sistema Italia, nel frattempo scosso da tangentopoli, e a banche che chiudevano un occhio o entrambi di fronte al buco nero in cambio di favori che quel buco nero contribuivano a ingrandirlo.
Come è stato possibile? Come mai un uomo così intelligente e scaltro, a partire da un certo momento, ha compiuto solo scelte sbagliate e non si è accorto che il suo operato l'avrebbe condotto alla fine? Anche ammettendo che ci fossero forti difficoltà già a fine anni '80, perché in quel momento non si è corsi ai ripari con un'efficace opera di risanamento?
Che la Parmalat, industrialmente parlando, fosse stata costruita bene (e che, molto probabilmente, le voci su un calo di redditività del latte siano infondate) lo dimostra il fatto che, liberata dai pesi morti e ristrutturata seriamente, a due soli anni dal crac è tornata in borsa, divenendo subito appetibile per Lactalis, la quale tra l'altro la acquistò, ironia della sorte, proprio per aggredire il tesoretto da 1 miliardo che Enrico Bondi era riuscito a creare. Oggi Parmalat fattura 6,7 miliardi di euro. Sì, avete capito bene: 6,7 miliardi di euro. È in piena salute, ma non è più italiana. È ritornata ad essere quella che è stata fino ai primi anni '80. È un peccato che un'industria così oggi faccia capo a un gruppo transalpino.
E Tanzi, le cui responsabilità gravissime mai potranno essere negate, si è lasciato sfuggire il meccanismo perfetto che aveva creato. Non glielo perdonerò mai.
