Giancarlo Dotto
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Re: Il microfono selvaggio
a me sembra che in questo pezzo dotto chieda alla roma di intervenire. Cioè ragazzi parliamoci chiaro,ma a voi sembra possibile che uno che manda sms o chiami in radio debba dire tutto quello che gli passa per la testa?se uno avesse sentito e registrato tutti gli interventi dei non-addettiailavori in questi giorni si sarebbe messo le mani in testa,addirittura gente che diceva che il giorno prima di juve-roma de rossi ha giocato male perchè stava all'inaugurazione di un locale alle 3 di notte...ma lo sanno che la roma quel giorno era in ritiro a torino????Thanos_endspur ha scritto: ho riletto piu' attentamente dopo il tuo intervento, e in effetti non mi e' chiara al 100% la cosa, ma probabilmente si riferisce a tutto l'ambiente delle radio, compresi gli ascoltatori.
io fossi la roma interverrei...
shaka ha scritto:Grande Ramon, ora deve andare al prossimo incontro, accettare tutte le richieste di quel maiale di Atangana, firmare tutto, poi s'abbassa i pantaloni davanti a tutti, se mette in posizione de squat e su quel foglio ce fa na bella cacata
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Re: Il microfono selvaggio
Thanos_endspur ha scritto: credo di non aver capito del tutto cosa intendi, comunque ti assicuro che se ti va di estendere un po' questo punto non mi annoiero' assolutamente
Avevo scritto un trattato. però do la versione abbreviata
per me, la regolamentazione del fenomeno - come se si trattasse di dividere l'erba buona dalla cattiva - non basta più. Siamo oltre la denuncia di coloro che "corrompono", perché è il contesto complessivo ad essere corrotto. La situazione ha ben oltrepassato i limiti: siamo al livello in cui si fanno girare dossier (plurale: a quanto pare ne giravano di ogni sorta) senza temere di incorrere in reati, e tutto ciò senza che l'ambiente giornalistico/radiofonico rifletta su ciò che accade (perché dotto non ha scritto articoli di denuncia su renga?), le minacce alla Augelli...
Ci sarebbe da scrivere una storia per capire meglio e cercare di ricostruire da dove nasce il fenomeno, la cui natura - a mio avviso - è di essere una commistione perversa fra potere, imprenditoria e calcio romano. È appena il caso di dire che questa storia è la storia degli ultimi vent'anni e va di pari passo con quella della città, che si è via via rinchiusa in se stessa, nel culto vacuo di una grandezza che non c'è mai stata e che, quand'anche ci fosse stata, nessuno dei suoi tenutari sarebbe in grado di darne conto (mi piacerebbe chiedere a qualche giornalista che straparla di Roma delle mostre delle scuderie del quirinale o dei musei vaticani... così giusto per conoscere
Il linguaggio violento nasce con le radio stesse (condito con parolacce a profusione, speaker che sbroccano ai chiamatori o fra di loro, insulti reciproci fra radio, menzogne varie, professionalità ridotta al minimo). Il ricatto di cui è oggetto la società - se nun ce dai a notizia te sfonnamo - non vale solo per i soliti noti (ciò accomuna marione e ilario, ma anche vocalelli, che ha fatto la stessa cosa l'anno scorso) e per i gruppi di lavoro ma rientra nella commistione fra tutto ciò e il potere e gli affari. e ai soldi e al potere va aggiunto il populismo: lo hanno in comune ilarioilario e il ciccione: guarda un po', perché si rivolgono allo stesso pubblico: passivo ed eterodiretto, incapace di elaborare un pensiero autonomo e suscettibile solo di fronte alla logica binaria amico/nemico, che loro chiaramente creano ad arte e smontano all'occorrenza.
I forum denunciano tutto ciò da anni, lo fanno indipendentemente dalla carta stampata e dalla radiofonia - una delle ragioni per cui i giornalisti ci appaiono mediocri è che non riescono più a dominare da soli conoscenze e competenze che noi dominiamo in quanto collettività.
Quindi, da un lato, la situazione è allo stadio terminale, dall'altro, noi non abbiamo bisogno di loro, o almeno non di tutti loro.
scusate la lunghezza
E ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine
- Thanos_endspur
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Re: Il microfono selvaggio
tutto giustissimo, analisi perfetta. Il problema a mio parere è cercare di essere costruttivi: la soluzione provocatoriamente proposta da Dotto, il dare le patenti per fare informazione, è distruttiva, e oltretutto sarebbe persino inefficace, perché comunque tramite social network, blog e quant'altro comunque chiunque ha a disposizione i mezzi per fare opinione (o serve una patente pure per internet?).
Il fatto è che, come dicevo nel mio post precedente, dovrebbe stare al senso critico di ognuno di noi non solo il capire l'affidabilità o meno di certe fonti di informazione, ma anche il non accettare mai passivamente una opinione di cui diventare poi meri ripetitori.
Per tornare a quanto dice Dotto, dovrebbe stare ai singoli il capire che il concetto su carta dell'opinionista togato valga di più dello sfogo urlato via etere del ragazzotto. Ma, a parte che non credo che questa disequazione sia sempre vera, moltissimi giornalisti sono i primi responsabili della svalutazione del valore dell'informazione, andando proprio a rincorrere sul terreno della provocazione, del colpo a effetto, della dicotomia amico/nemico radio e social network.
Quindi, il problema sollevato da Dotto è interessante, ma non mi piace affatto né il taglio dato alla questione né, soprattutto, le conseguenze tratte.
Il fatto è che, come dicevo nel mio post precedente, dovrebbe stare al senso critico di ognuno di noi non solo il capire l'affidabilità o meno di certe fonti di informazione, ma anche il non accettare mai passivamente una opinione di cui diventare poi meri ripetitori.
Per tornare a quanto dice Dotto, dovrebbe stare ai singoli il capire che il concetto su carta dell'opinionista togato valga di più dello sfogo urlato via etere del ragazzotto. Ma, a parte che non credo che questa disequazione sia sempre vera, moltissimi giornalisti sono i primi responsabili della svalutazione del valore dell'informazione, andando proprio a rincorrere sul terreno della provocazione, del colpo a effetto, della dicotomia amico/nemico radio e social network.
Quindi, il problema sollevato da Dotto è interessante, ma non mi piace affatto né il taglio dato alla questione né, soprattutto, le conseguenze tratte.
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Re: Il microfono selvaggio
Festino collettivo, e blob gelatinoso che si gonfia ed avacua ogni giorno, a cui, caro Radical Chic Dotto, hai partecipato come conduttore radiofonico per un paio di anni... Resti una gran penna, ma uno che che di calcio (anche se in questo articolo di calcio non siparlava) non ci capisce nulla.CORSPORT (G. DOTTO) - Squilla il cellulare. Una ragazza di una radio locale mi chiede con grazia se sono disponibile per un intervento. Sono disponibile. Parlo con gente che sa il fatto suo, rispondo, mi diffondo, pontifico quasi mezz’ora su tutto lo scibile romanista. Zeman, Baldini, De Rossi, Osvaldo e Totti. Saluto, smorzo la tromba, chiudo. Avverto un oscuro disagio. Sento di aver partecipato una volta di più a un festino collettivo che ha qualcosa di abnorme, se non di malsano. Nello stesso istante in cui scrivo queste cose, pomeriggio inoltrato, radio romane sparse sono accese a perdifiato sul tema, conduttori in sede, opinionisti e ascoltatori al telefono. Sarebbe lo stesso se fosse l’alba o notte fonda. Un blob gelatinoso che ogni giorno si gonfia, evacua e ricomincia daccapo la mattina dopo. Un colossale barbecue di massa, solo che, invece di polli o salsicce, ci si diverte a grigliare persone. Si gioca al massacro. (...)
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Re: Il microfono selvaggio
S'e' svegliato tardi il signor Dotto...... saranno solo quasi una ventina d'anni, di cui gli ultimi dieci al massimo dell'intensita', che funziona cosi'.
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
... "estetismi da prima elementare di Baldini" ...

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Magari sono fatto male, ma per me divertirsi è vincere
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
"Ci riguarda"... un articolo colmo di simboli, e comunque molto bello.
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
certo. bene, bravo dotto. bis. però questa del maggio 2012 come me la chiami?Dopo aver buttato due anni dietro gli estetismi da prima elementare di Baldini
Perché la Roma deve riprendere Zeman
Non se ne può più. Siamo alla nausea. La nausea è dispiacere che si condensa alla bocca dello stomaco e diventa malessere. Sta diventando un rito stucchevole anche la manfrina del mea culpa a fine partita. I signori Luis Enrique, Franco Baldini e Walter Sabatini sono tenuti da contratto se non a patirlo almeno a saperlo lo scoramento del tifoso giallorosso. La qualità rara, profonda, umiliante di questo scoramento. Migliaia di bambini, ragazzi e vecchi che hanno questa meravigliosa malattia piantata nelle carni e che, dopo otto minuti, non avevano più nemmeno la forza di scambiarsi un sms. “Mai schiavi del risultato”. Giusto, ma qui non si tratta più del risultato. Qui siamo faccia a faccia con la perdita radicale di una delle poche cose che danno senso alla vita, l’orgoglio di sentirsi parte di qualcosa. Pazienza la figuraccia in Europa, pazienza i due derby persi, pazienza tutto, Siena, Cagliari, San Siro. L’Atalanta e il Lecce che smettono di giocare su ordine imperioso di Colantuono e Cosmi, due onesti praticoni della panca dal cuore giallorosso. Ma la Juve che smette di giocare a mezz’ora dalla fine, questo no, la squadra con cui hai orgogliosamente duellato alla pari negli anni di Viola e poi in quelli di Sensi, questo non è romanisticamente sopportabile. Gli avversari ci umiliano non infierendo e allora che infierisca almeno chi ama la Roma. Chi sta dentro la maglia della Roma può permettersi tutto, perdere, retrocedere, fallire, ma non di consegnarsi inerme ancora prima di scendere in campo. Meno che mai contro la squadra che la tua storia, la storia dei Viola e dei Falcao ti ha indicato come la “rivale”.
Luis Enrique va licenziato in tronco non quando perde così a Torino (anche se potrebbe bastare), ma quando si lascia andare nella luciferina vanità del monaco che si crede la verità incarnata e dice, grottesco agli occhi del mondo ma non ai suoi: «Ma come? Le altre hanno gli stessi nostri punti e nonostante questo vengono celebrate» (zittito in questo persino dalla signora della porta accanto, Ilaria D’Amico, che gli spiega come tanto mucchio attorno al terzo posto è solo conseguenza di una mediocrità da work in regress di squadre modeste o spompate). Come dire, pensiero sotteso ma chiaro: straccioni che altro non siete, non avete mai vinto nulla e state qui a lamentarvi dei miei 50 punti? Ma quale rivoluzione culturale! Per favore! Di culturale c’è solo l’abisso di sintonia che divide questo adolescente e ferrigno asturiano dal contesto in cui è capitato nove mesi fa per una scelta che oggi possiamo definire, senza tema di smentita, un clamoroso abbaglio. Diventerà un giorno, forse, un grande allenatore ma oggi è solo un’incomprensibile sciagura che si è abbattuta su questa squadra, la peggiore del dopoguerra, peggiore di Carlos Bianchi.
Troppo facile stare qui a bistrare con la matita rossa i cervellotismi da fenomeno dispensati anche questa volta contro qualunque elementare nozione di buonsenso. Ma il buonsenso, si sa, è merce dozzinale. Schierare nello stesso reparto tre campi magnetici negativi come Rosi, Kjaer e Jose Angel, tutti e tre insieme, in una partita dove casomai richiami alle armi Francesco Rocca e Paulo Roberto Falcao con le loro ginocchia infrante, un asino si sarebbe rifiutato. Inquietante sarebbe leggere i processi mentali attraverso i quali Enrique arriva alle sue scelte. Meglio non sapere. Basti aggiungere che con la sua ormai palese incapacità di tradurre in prassi tutto il “bellissimo” che rumina nel suo pensatoio, sta destabilizzando pilastri come Stekelenburg e De Rossi. Il portiere sottoposto da mesi in qua alla parte del piccione predestinato, l’altro, prima bastonato pubblicamente come uno scolaretto (bravo lui a elaborare dialetticamente la ferita ma le ferite rimarginate fuori continuano a sanguinare dentro) e poi inventandolo quello che non è o che ancora non è diventato. In tutto ciò avanza sinistra l’idea che ci si debba abituare a prendere quattro gol ogni volta che la squadra esce dal raccordo e che tutto ciò fa parte di un misterioso percorso iniziatico, un calvario illuminato che ci porterà a chissà quale gloria. Insisto e ripeto per i duri d’orecchi: il tema non è i 50 punti e nemmeno l’eventuale posto rubacchiato per un posto Champions, ma giocare Juventus-Roma, scoprire che c’è un’anima e che quest’anima sta dall’altra parte.
Devono saperlo Enrique, Baldini e Sabatini lo scoramento del tifoso, ma preferiscono non saperlo. E posso anche capirlo. Si tratta di una verità dura da guardare. Perché, se la guardi, la conclusione è solo una: chiudere per conclamato fallimento il laboratorio Luis Enrique. Baldini si sente mancare solo all’ipotesi. Un errore grave ma ancora rimediabile diventa ai suoi occhi un fallimento personale, uno smacco inammissibile allo specchio. Considerarlo così è un investimento narcisistico improprio che fa male solo alla Roma. E qui diventa decisivo l’uomo. A quale delle sue assortite intelligenze voglia consegnare il destino della Roma (del suo, ci perdoni l’amico, tendiamo a non preoccuparci). Se l’intelligenza forte della sua storia e del suo borgo natìo, quella che sa calarsi nel fango della vita magari con scelte rudi, parole barbare e, ma sì, la voce allegra ma anche incazzosa di Pupo, non quella dolente di chi ha appena letto per la decima volta Herman Hesse. O l’intelligenza fasulla, frivola, fighettona, salottiera senza salotto, dei loft al centro, del ristorante a San Lorenzo, delle Dandini e delle Mannoia, delle battutine ammiccanti, del rovello esistenziale portato come un foulard alla moda, tutto il rosario politicamente corretto e calcisticamente fallimentare di bei gesti e di belle parole. Torni a essere Reggello e non Londra il suo ombelico del mondo. Non stiamo qui a rievocare la Roma greve dei Radice e dei Mazzone, ma a questo punto magari sì, è solo che non vogliamo la Roma eunuca, la detestiamo dal profondo del cuore. Una Roma che ha perso il possesso di palla senza mai avere avuto quello di palle. Che abbondavano invece e facevano scintille in quella estetica di Liedholm e di Spalletti o quella sinfonica di Eriksson e Zeman. E volete sapere la cosa più umiliante? Sentirsi a ogni pie’ sospinto elogiati dai Prandelli e dai Guidolin, da tutto il nauseabondo esercito dei crociati che ammorbano il pianeta con la loro melassa applicata alla vita. I chierichetti della parola “etica”, anche quando la vita è lavoro sporco, quelli che si stupiscono perché la morte di un poveraccio in campo non ha cambiato il mondo, quelli che non si litiga con il compagno, non si fa tardi e non si parla mai dell’arbitro (da cui la Roma, ben gli sta, puntualmente massacrata, anche domenica sera, perché il messaggio subliminale che arriva a questi fischianti sempliciotti è: sfogatevi, applicate con noi senza alcun timore o senso di colpa il manuale dell’arbitro perfetto e loro giù, finalmente liberi di non scendere a patti con le loro miserie umane di paure, dubbi e sudditanze).
Già, tutti parlano bene di Enrique, come si parla bene delle mamme, dei boy scout, di quelli che danno il posto in autobus alle vecchine, che fanno i cortei contro la guerra e contro la povertà. Anche i suoi giocatori ne parlano bene e magari sono anche sinceri. Tanti scolaretti applicati e ossequiosi. Il problema è che i primi a non seguirlo, a non crederci, sono inequivocabilmente, sfacciatamente loro. Il campo lo dimostra. Il loro inconscio calcistico si ribella rumorosamente. Il risultato è che, alla fine di una disperante figuraccia da murarsi vivi nella vergogna, l’unica rampogna pubblica è stata per lo sputo di Lamela, riprovevole certo, ma almeno l’unico segno di reattività di questa squadra a Torino.
Venerdì sera sono capitato davanti a una tivù che dava Padova-Pescara. Credetemi, uno spettacolo commovente per quanto bello. Innamorarsi di un allenatore che ancora non esiste sarà anche un modo di marcare il territorio e forse passare alla storia con le proprie intuizioni superiori. Io sono innamorato di Zdenek Zeman. Della sua faccia antica e della sua straordinaria modernità. Mi faccio promotore e primo firmatario qui e ora di un suo immediato ritorno a Trigoria. Sarebbe una festa di redenzione ancora prima che di calcio.
Giancarlo Dotto
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
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Allora non ricordavo male, mi pareva che all'arrivo di Zeman fosse entusiasta mentre ora diventa: "Un estetismo da prima elementare di Baldini".
Scrive bene ma è un personaggio più che loffio Dotto.
Allora non ricordavo male, mi pareva che all'arrivo di Zeman fosse entusiasta mentre ora diventa: "Un estetismo da prima elementare di Baldini".
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
può sbagliare come tutti ma non ha alcuna ragione per scrivere certe cose se non la sua passione.
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
dovete postare quella sull'inesistenza dei "lazieli" che causò la risposta di Lotito contro la AS Roma invece che contro di lui.
ps: scrive benissimo, questo è vero, ma a volte è troppo "tifoso" e poco "giornalista" ed io ad un tifoso le incoerenze le perdono mentre ad un giornalista-tifoso meno, perchè se perdi credibilità poi diventi solo tifoso.
Che è comunque meglio, anche se in questo caso i soldi li sganci
ps: scrive benissimo, questo è vero, ma a volte è troppo "tifoso" e poco "giornalista" ed io ad un tifoso le incoerenze le perdono mentre ad un giornalista-tifoso meno, perchè se perdi credibilità poi diventi solo tifoso.
Che è comunque meglio, anche se in questo caso i soldi li sganci
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
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mi domando come possano essere tutti e tre eesere iscritti allo stesso albo delle professioni
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
certo. però mi dà fastidio che un anno fa insulti il dg perché non ha il coraggio di prendere zeman che tu dipingi come la scelta perfetta per una serie di motivi che non finiscono più, poi dopo un anno insulti l'ex dg perché t'ha dato retta! avrei apprezzato più un plurale del tipo "dopo esserci persi dietro utopie irrealizzabili...". così onestamente ne perdo stima intellettuale.Daniel Faraday ha scritto:può sbagliare come tutti ma non ha alcuna ragione per scrivere certe cose se non la sua passione.
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Re: Giancarlo "Il Bardo" Dotto
Dotto sa scrivere, ed è piacevole leggere i suoi pezzi. Ma non è un grande giornalista.
"Venerdì sera sono capitato davanti a una tivù che dava Padova-Pescara. Credetemi, uno spettacolo commovente per quanto bello. Innamorarsi di un allenatore che ancora non esiste sarà anche un modo di marcare il territorio e forse passare alla storia con le proprie intuizioni superiori. [underline]Io sono innamorato di Zdenek Zeman. Della sua faccia antica e della sua straordinaria modernità[/underline]. Mi faccio promotore e primo firmatario qui e ora di un suo immediato ritorno a Trigoria. Sarebbe una festa di redenzione ancora prima che di calcio."
Basterebbe questo per dequalificarlo. Commette lo stesso errore che imputa a Baldini "estetismi da prima elementare"
"Venerdì sera sono capitato davanti a una tivù che dava Padova-Pescara. Credetemi, uno spettacolo commovente per quanto bello. Innamorarsi di un allenatore che ancora non esiste sarà anche un modo di marcare il territorio e forse passare alla storia con le proprie intuizioni superiori. [underline]Io sono innamorato di Zdenek Zeman. Della sua faccia antica e della sua straordinaria modernità[/underline]. Mi faccio promotore e primo firmatario qui e ora di un suo immediato ritorno a Trigoria. Sarebbe una festa di redenzione ancora prima che di calcio."
Basterebbe questo per dequalificarlo. Commette lo stesso errore che imputa a Baldini "estetismi da prima elementare"
Ich begriff, daß Menschen zwar zueinander sprechen, aber sich nicht verstehen; daß ihre Worte Stöße sind, die an den Worten der anderen abprallen; daß es keine größere Illusion gibt als die Meinung, Sprache sei ein Mittel der Kommunikation zwischen Menschen.
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